Elba Fishing Blog
Pesca sportiva in mare e in acqua dolce. Tecniche, attrezzature, esperienze.

Il terminale da feeder: lunghezza, diametro e materiali

Tem­po di let­tu­ra: 10 minu­ti

In ogni mon­ta­tu­ra, che si trat­ti di pesca a fon­do o al col­po, non c’è set­to­re irri­le­van­te ma non v’è dub­bio alcu­no che il ter­mi­na­le rive­sta un ruo­lo da pro­ta­go­ni­sta trat­tan­do­si del­l’ul­ti­ma por­zio­ne, quel­la con l’a­mo, l’e­sca e in rela­zio­ne diret­ta con il pesce. Quan­to deve esse­re lun­go un ter­mi­na­le? Meglio il nylon o il fluo­ro­car­bon? Qua­l’è il dia­me­tro (sareb­be for­se meglio par­la­re di cari­co di rot­tu­ra) più adat­to? Sono tut­te doman­de mol­to fre­quen­ti alle qua­li cer­che­re­mo, nel pos­si­bi­le, di dare rispo­sta foca­liz­zan­do­ci sul­le varie spe­cie di pesci, sul loro com­por­ta­men­to, sul­le con­di­zio­ni ambien­ta­li e sul­le dina­mi­che del­le lenze.

I materiali: nylon, fluorine e fluorocarbon

È cer­to, o quan­to­me­no mol­to pro­ba­bi­le, che già il let­to­re cono­sca le prin­ci­pa­li dif­fe­ren­ze tra nylon, fluo­ri­ne e fluo­ro­car­bon, moti­vo per il qua­le è for­se più oppor­tu­no dedi­ca­re spa­zio al “per­ché” piut­to­sto che al “che cosa”. Si è fre­quen­te­men­te mes­so in rela­zio­ne que­sti mate­ria­li cir­ca una del­le carat­te­ri­sti­che più invi­tan­ti agli occhi del pesca­to­re, la rela­ti­va “invi­si­bi­li­tà” dovu­ta al fat­to che il fluo­ro­car­bon ha un’in­di­ce di rifra­zio­ne mol­to pros­si­mo a quel­lo del­l’ac­qua (1.37 con­tro 1.33), segui­to dal fluo­ri­ne (nylon+fluorocarbon qua­le che sia il meto­do di pro­du­zio­ne) e infi­ne dal nylon.
In real­tà quel­la del­l’in­vi­si­bi­li­tà nel­la pesca a fee­der è la que­stio­ne meno rile­van­te dato che nel­la mag­gior par­te dei casi il ter­mi­na­le lavo­ra sdra­ia­to sul fon­do. Quan­do esca e ter­mi­na­le pog­gia­no sul fon­da­le un nylon “camo” (mime­ti­co) è asso­lu­ta­men­te impos­si­bi­le da per­ce­pi­re. Diver­so è il discor­so se si pre­ve­de di inter­cet­ta­re i pesci anche duran­te la cala­ta (es. le spi­go­le): in quel caso la rifra­zio­ne può gio­ca­re un ruo­lo impor­tan­te in acque chia­re poi­ché per un cer­to tem­po il ter­mi­na­le lavo­ra sospe­so dal fon­do. La carat­te­ri­sti­ca inve­ce più rile­van­te risul­ta esse­re la resi­sten­za all’a­bra­sio­ne. Più o meno il moti­vo è il soli­to e risie­de anco­ra nel­lo stret­to con­tat­to del ter­mi­na­le con il fondo.

Nylon, fluo­ri­ne e fluo­ro­car­bon. Tut­ti e tre i pro­dot­ti in foto pre­sen­ta­no un’e­le­va­ta resi­sten­za all’abrasione.

Terminale feeder

La par­ten­za di un pesce fa sem­pre stru­scia­re la len­za sul fon­do e sui fon­da­li duri que­sto può deter­mi­na­re un gra­do varia­bi­le di abra­sio­ne. Fluo­ro­car­bon e fluo­ri­ne (o meglio fluo­ro­coa­ted) han­no una spic­ca­ta resi­sten­za e que­sto in gene­re ne favo­ri­sce l’u­ti­liz­zo. In real­tà esi­sto­no anche nylon par­ti­co­lar­men­te resi­sten­ti e pro­get­ta­ti per con­tra­sta­re que­sto feno­me­no. Si trat­ta di nylon costrui­ti con una tec­no­lo­gia mul­ti­stra­to che pre­sen­ta­no pro­prie­tà simi­li ai fluo­ro­car­bon e fluo­ri­ne quan­to a resi­sten­za all’a­bra­sio­ne e bas­so allun­ga­men­to. La bas­sa ela­sti­ci­tà li ren­de par­ti­co­lar­men­te respon­si­vi men­tre in gene­re (ma dipen­de dal­la tipo­lo­gia) mostra­no una tenu­ta al nodo supe­rio­re rispet­to a fluo­ro­car­bon e fluorine.
Quan­do il ter­mi­na­le lavo­ra sdra­ia­to sul fon­do le dif­fe­ren­ze tra que­ste tre tipo­lo­gie di filo non sono abis­sa­li e mol­to si gio­ca sul­le pre­fe­ren­ze per­so­na­li oltre che sul­l’e­spe­rien­za con i vari pro­dot­ti. Vor­rei tut­ta­via pro­va­re a dare del­le indi­ca­zio­ni mol­to generali:

  • Ter­mi­na­le cor­to, sdra­ia­to sul fon­do: Nylon affon­dan­te con alta resi­sten­za all’a­bra­sio­ne, pos­si­bil­men­te di colo­re pros­si­mo a quel del fon­da­le (camo mul­ti­co­lo­re, ver­de opa­co, mar­ro­ne opa­co). Risul­ta asso­lu­ta­men­te invi­si­bi­le ma ha di soli­to una mag­gior tenu­ta al nodo.
  • Ter­mi­na­le medio, sdra­ia­to sul fon­do: Nylon con alta resi­sten­za all’a­bra­sio­ne (come sopra) o fluorine.
  • Ter­mi­na­le lun­go, in cala­ta e/o flut­tuan­te in pros­si­mi­tà del fon­do: Fluo­ri­ne o Fluo­ro­car­bon. Qui in gene­re si par­la di pesca con esche leg­ge­re pre­sen­ta­te con ter­mi­na­li lun­ghi che ini­zial­men­te lavo­ra­no in cala­ta e che una vol­ta sul fon­do si fan­no facil­men­te sol­le­va­re e sten­de­re, tal­vol­ta flut­tuan­do (a secon­da del­la cor­ren­te), pur sem­pre lavo­ran­do a sfiorare/toccare il fon­da­le. I fluo­ro-fili sono meno visi­bi­li duran­te la cala­ta, sono abba­stan­za rigi­di da tene­re l’e­sca un po’ più distan­te (dal­la tra­iet­to­ria di disce­sa del fee­der), non sof­fro­no di ridot­ta ela­sti­ci­tà (pro­prio per­ché il ter­mi­na­le è lun­go) e una vol­ta sul fon­do resi­sto­no bene all’abrasione.

Non è il caso di con­si­glia­re mar­che spe­ci­fi­che e ricor­do che le foto qui sul blog sono più che altro di esem­pio. In com­mer­cio vi sono mol­ti pro­dot­ti a dispo­si­zio­ne e in gene­re quel­li dei brand più noti sono tut­ti affi­da­bi­li. A voi la scel­ta ma ricor­da­te sem­pre che sta­te pescan­do a fon­do, con dia­me­tri non capil­la­ri e che i ter­mi­na­li son sog­get­ti ad usu­ra e van­no sosti­tui­ti di fre­quen­te: un pro­dot­to dal­le buo­ne carat­te­ri­sti­che e dal giu­sto prez­zo è la scel­ta migliore.

Il diametro del terminale da feeder

Pri­ma di tut­to l’e­qui­li­brio. Se la dimen­sio­ne del­l’a­mo si rap­por­ta con l’e­sca (mai con il pesce), il dia­me­tro del ter­mi­na­le si rap­por­ta con l’a­mo. È una sor­ta di effet­to domi­no dove ad una scel­ta ne con­se­gue diret­ta­men­te un’al­tra. Se dun­que abbia­mo un’e­sca volu­mi­no­sa (es. una boi­lie) use­re­mo un amo di mag­gio­ri dimen­sio­ni e dun­que un ter­mi­na­le di mag­gior dia­me­tro, per con­tro se abbia­mo un’e­sca pic­co­la (es. un bigat­ti­no) use­re­mo un amo mol­to pic­co­lo e dun­que un ter­mi­na­le di dia­me­tro mol­to ridot­to. D’al­tron­de sareb­be una scioc­chez­za fare diversamente.
Fa ecce­zio­ne la pesca a method/pellet fee­der dove per l’e­si­gua lun­ghez­za del ter­mi­na­le (8–10 cm in media) anche un’e­sca pic­co­la deve esser pre­sen­ta­ta su ami e ter­mi­na­li più gene­ro­si; il moti­vo sta nel­la bas­sis­si­ma ela­sti­ci­tà del ter­mi­na­le ultra-cor­to che altri­men­ti fini­reb­be per rom­per­si duran­te il com­bat­ti­men­to con il pesce.

Pesca a fee­der con il bigat­ti­no sin­go­lo o a cop­pia. Par­ti­co­la­re del­l’a­mo lega­to con un filo del­lo 0.145 mm. Amo bar­bless a palet­ta con nodo a filo interno.

Terminale feeder

Lo sce­na­rio clas­si­co in cui nel fee­der si uti­liz­za­no dia­me­tri ridot­ti è la pesca a pesci sospet­to­si con il bigat­ti­no pre­sen­ta­to sin­go­lo o a cop­pia. Come det­to sopra si trat­ta di un approc­cio in cui si cer­ca di inter­cet­ta­re i pesci duran­te varie fasi, sia in cala­ta che sul fon­do. Il dia­me­tro che uti­liz­zo di più è lo 0.145 che può sali­re fino allo 0.16 ma non scen­de mai sot­to lo 0.14. Le ragio­ni sono piut­to­sto ovvie. Sopra lo 0.16 risul­ta dif­fi­ci­le lega­re ami pic­co­li che per lo più han­no una palet­ta di ridot­te dimen­sio­ni e l’u­so di un filo di dia­me­tro trop­po gran­de fini­sce per ren­de­re debo­le il nodo (aumen­ta la pro­ba­bi­li­tà che l’a­mo si sfi­li). Sot­to lo 0.14 il filo è trop­po sot­ti­le per lavo­ra­re a con­tat­to con il fon­do ed aumen­ta la pro­ba­bi­li­tà che si abbia­no rot­tu­re dovu­te all’a­bra­sio­ne. Al di là dei casi ecce­zio­na­li (es. pesca su fon­da­li mor­bi­di e asso­lu­ta­men­te puli­ti) non è mai neces­sa­rio ridur­re il dia­me­tro a valo­ri da pesca al col­po e con­vie­ne con­cen­trar­si sul­la sua lun­ghez­za se si inten­de varia­re qualcosa.

Pesca a fee­der con esche da hair rig. Par­ti­co­la­re del­l’a­mo lega­to con un filo del­lo 0.21 mm. Amo ad occhiel­lo con nodo non nodo (kno­tless knot) a filo interno.

Terminale feeder

L’al­tro sce­na­rio è quan­do si uti­liz­za­no esche più volu­mi­no­se, il più del­le vol­te su hair rig (ma non neces­sa­ria­men­te), e cre­sce la misu­ra del­l’a­mo. L’e­sca volu­mi­no­sa è soli­ta­men­te pesan­te e por­ta velo­ce­men­te il ter­mi­na­le a sdra­iar­si sul fon­do. Vale anche per le esche pop-up poi­ché in ogni caso le fac­cia­mo sol­le­va­re di qual­che cen­ti­me­tro nel­la par­te fina­le men­tre il ter­mi­na­le vie­ne appe­san­ti­to (piom­bo, tung­ste­no) pro­prio per sdra­iar­lo. Ci tro­via­mo quin­di ad ope­ra­re con un’e­sca di un cer­to volu­me, un amo più o meno gene­ro­so e il fina­le pog­gia­to sul fon­da­le: uti­liz­za­re un dia­me­tro sot­ti­le non avreb­be alcun sen­so. Sia chia­ro che il fee­der non è il car­p­fi­shing e che dun­que il più del­le vol­te i dia­me­tri del ter­mi­na­le non sono poi così esa­ge­ra­ti. Con le esche più volu­mi­no­se, sia in mare che in acqua dol­ce, il ran­ge 0.18–0.22 è quel­lo idea­le a secon­da del­l’am­bien­te e del tipo di pesce che si inten­de insidiare.

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La lunghezza del terminale da feeder

Qui entria­mo for­se nel­la par­te più com­ples­sa del­l’ar­go­men­to poi­ché le con­si­de­ra­zio­ni da fare sono diver­se. Pro­via­mo ini­zian­do con alcu­ni capisaldi:

  1. il ter­mi­na­le cor­to tra­smet­te pri­ma le mangiate;
  2. il ter­mi­na­le cor­to è meno elastico;
  3. il ter­mi­na­le cor­to è idea­le per le mon­ta­tu­re auto­fer­ran­ti (bolt);
  4. il ter­mi­na­le cor­to ten­de a deter­mi­na­re alla­ma­tu­re più superficiali;
  5. il ter­mi­na­le cor­to non va bene in cor­ren­te linea­re ma è ido­neo in acqua fer­ma e in caso di turbolenza;
  6. il ter­mi­na­le lun­go è più len­to nel tra­smet­te­re le mangiate;
  7. il ter­mi­na­le lun­go è più elastico;
  8. il ter­mi­na­le lun­go è idea­le per pesci sospet­to­si e mon­ta­tu­re non autoferranti;
  9. il ter­mi­na­le lun­go ten­de a deter­mi­na­re alla­ma­tu­re profonde;
  10. il ter­mi­na­le lun­go è idea­le in caso di cor­ren­ti linea­ri, va bene in acqua fer­ma ma non in caso di turbolenza.

Ovvia­men­te nel mez­zo ci sono i ter­mi­na­li di media lun­ghez­za e comun­que le misu­re sono sem­pre rela­ti­ve e van­no con­te­stua­liz­za­te. Rima­ne però che aven­do ben pre­sen­te come lavo­ra­no gli estre­mi ci si può orien­ta­re meglio in caso di pro­ble­mi (non si vedo­no per tem­po le man­gia­te, i pesci si alla­ma­no trop­po pro­fon­da­men­te, rite­nia­mo di esse­re fuo­ri pastu­ra e via dicen­do). Nel pro­va­re a chia­ri­re qua­le sia la lun­ghez­za otti­ma­le (o quan­to­me­no la lun­ghez­za indi­ca­ti­va idea­le) con­vie­ne trat­ta­re l’ar­go­men­to andan­do secon­do prio­ri­tà di fat­to­ri e al pri­mo posto abbia­mo quel­li ambientali.

La lunghezza del terminale in acqua ferma o molto lenta

Tipi­ca­men­te si trat­ta del­le gran­di mas­se d’ac­qua come mari e laghi ma può trat­tar­si anche di cor­si d’ac­qua come fiu­mi e cana­li quan­do le con­di­zio­ni (por­ta­ta, par­ti­co­la­re zona) sia­no tali che la cor­ren­te si ridu­ce al mini­mo fino a ren­de­re il flus­so appa­ren­te­men­te assen­te o estre­ma­men­te len­to. In que­sti ambien­ti (o casi) il fee­der rila­scia la pastu­ra in un area abba­stan­za cir­co­scrit­ta e la stes­sa non vie­ne disper­sa in una o più dire­zio­ni da una o più cor­ren­ti rile­van­ti. Ciò signi­fi­ca che i pesci ver­ran­no atti­ra­ti in pros­si­mi­tà del pastu­ra­to­re e nel­la stes­sa area dovre­mo col­lo­ca­re l’esca.
In que­ste cir­co­stan­ze pos­sia­mo uti­liz­za­re diver­se lun­ghez­ze del ter­mi­na­le a secon­da del risul­ta­to che voglia­mo ottenere:

  1. Ter­mi­na­le cor­to: pesca in stret­ta pros­si­mi­tà del fee­der con mon­ta­tu­re dal­l’ef­fet­to auto­fer­ran­te (bolt effect). Par­lia­mo di ter­mi­na­le cor­to quan­do la sua lun­ghez­za è infe­rio­re ai 50 cm.
  2. Ter­mi­na­le lun­go: pesca in cala­ta e pesca in pros­si­mi­tà del fee­der con mon­ta­tu­re debol­men­te auto­fer­ran­ti o scor­re­vo­li. Par­lia­mo di ter­mi­na­le lun­go quan­do la sua lun­ghez­za è supe­rio­re ai 50 cm. Soli­ta­men­te nel ran­ge 50–100 cm ci si rife­ri­sce più a ter­mi­na­li di media lun­ghez­za men­tre il ran­ge 100–150 cm è inve­ce tipi­ca­men­te dei ter­mi­na­li lunghi.

Note­re­te che in entram­bi i casi, che il ter­mi­na­le sia più cor­to o più lun­go, quan­do l’e­sca giun­ge sul fon­do si col­lo­ca comun­que in pros­si­mi­tà del fee­der. Que­sto com­por­ta­men­to in acqua fer­ma è sta­to dimo­stra­to da nume­ro­se ripre­se under­wa­ter e il moti­vo risie­de nel fat­to che il fee­der, duran­te la sua disce­sa, tra­sci­na il ter­mi­na­le più o meno in ver­ti­ca­le con l’e­sca che infi­ne si depo­si­ta sul fon­do vici­no al pasturatore.

Sche­ma sem­pli­fi­ca­to del­la dispo­si­zio­ne del ter­mi­na­le sul fon­do al ter­mi­ne del­la disce­sa. L’e­sca su ter­mi­na­le lun­go cadrà in un pun­to comun­que pros­si­mo al fee­der indi­pen­den­te­men­te dal­la lun­ghez­za del finale.

Terminale feeder

Imma­gi­na­re che, in acqua fer­ma, un ter­mi­na­le lun­go por­ti l’e­sca a posi­zio­nar­si qua­si a tut­ta lun­ghez­za dal fee­der è sba­glia­to. Quin­di a meno che non inter­ve­nia­mo manual­men­te così da sten­de­re il fina­le (recu­pe­ran­do e spo­stan­do il fee­der) l’u­ni­ca dif­fe­ren­za rea­le tra ter­mi­na­le cor­to e lun­go sta nel­la capa­ci­tà da par­te del pesce di avver­ti­re rispet­ti­va­men­te pri­ma o dopo la resi­sten­za del­la zavor­ra. Quin­di come dob­bia­mo com­por­tar­ci? Dipen­de da ciò che voglia­mo ottenere:

  • Voglia­mo che il pesce si alla­mi da solo e vede­re imme­dia­ta­men­te la man­gia­ta: uti­liz­zia­mo una zavor­ra di peso impor­tan­te appli­ca­ta ad una mon­ta­tu­ra fis­sa (bolt) asso­cia­ta ad un ter­mi­na­le cor­to. In que­sti casi ten­do a pre­fe­ri­re l’eli­cot­te­ro cor­to (clas­si­co).
  • Voglia­mo che il pesce non avver­ta alcu­na resi­sten­za: uti­liz­zia­mo un ter­mi­na­le lun­go. Come mon­ta­tu­ra dovrem­mo sce­glie­re quel­la più sen­si­bi­le poi­ché il ter­mi­na­le lun­go è len­to nel tra­smet­te­re le man­gia­te. In que­sti casi ten­do a pre­fe­ri­re il run­ning rig con fee­der link.

Con un ter­mi­na­le lun­go, sem­pre par­lan­do di acqua fer­ma, può acca­de­re che i pesci si alla­mi­no trop­po pro­fon­da­men­te. Ed è logi­co in quan­to han­no tut­to il tem­po di ingo­ia­re l’e­sca. Ce ne accor­gia­mo per­ché dob­bia­mo usa­re lo sla­ma­to­re in pro­fon­di­tà se non (nel caso di un rila­scio) taglia­re il filo. Se que­sto acca­de dob­bia­mo accor­cia­re fin­ché non tro­via­mo il giu­sto equilibrio.
Ben­ché il ter­mi­na­le lun­go si usi con i pesci dif­fi­den­ti può anche acca­de­re, data la len­tez­za nel tra­smet­te­re le man­gia­te, che abbia­no tut­to il tem­po di rispu­ta­re l’e­sca. In que­sto caso ce ne accor­gia­mo per­ché recu­pe­ria­mo l’e­sca rovi­na­ta (in gene­re si pesca con il bigat­ti­no che risul­ta mor­to, allun­ga­to). Anche qui dob­bia­mo accor­cia­re fino alla lun­ghez­za otti­ma­le che ci con­sen­te di avver­ti­re le toc­che sul qui­ver (e con­se­guen­te­men­te di fer­ra­re in tempo).

Un’op­zio­ne è sten­de­re il ter­mi­na­le lun­go per aumen­ta­re la sensibilità.

Terminale feeder

Va tut­ta­via det­to che un ter­mi­na­le lun­go può esse­re comun­que ste­so recu­pe­ran­do il fee­der. Se il fon­da­le ce lo per­met­te e non rischia­mo di inca­glia­re, que­sta ope­ra­zio­ne met­te in ten­sio­ne il ter­mi­na­le e aumen­ta la sen­si­bi­li­tà del siste­ma. Si con­fi­gu­ra una situa­zio­ne simi­le a quel­la che si veri­fi­ca in cor­ren­te dove non sia­mo noi a sten­de­re il ter­mi­na­le ma è il flus­so che lo met­te in tensione.

La lunghezza del terminale in acqua corrente

Quan­do c’è una cor­ren­te rile­van­te e cioè di inten­si­tà tale da tra­spor­ta­re velo­ce­men­te a val­le la pastu­ra che fuo­rie­sce dal fee­der è d’ob­bli­go uti­liz­za­re ter­mi­na­li lun­ghi poi­ché i pesci ten­do­no a man­gia­re gli ele­men­ti tra­spor­ta­ti dal flus­so e quin­di a col­lo­car­si ad una cer­ta distan­za dal pastu­ra­to­re. Un ter­mi­na­le trop­po cor­to risul­te­reb­be quin­di fuo­ri pastu­ra. E non vi sono par­ti­co­la­ri pro­ble­mi di sen­si­bi­li­tà poi­ché il flus­so sten­den­do il ter­mi­na­le lo ren­de più responsivo.

Come si sten­de un ter­mi­na­le lun­go in disce­sa ver­so il fon­do per via del­la corrente.

Terminale feeder

Per valu­ta­re la giu­sta lun­ghez­za in cor­ren­te pos­sia­mo far rife­ri­men­to a come si avver­to­no le man­gia­te e a come si alla­ma il pesce. In gene­ra­le se il ter­mi­na­le è trop­po cor­to o non si vedo­no man­gia­te (sia­mo fuo­ri scia) oppu­re si vedo­no del­le toc­che leg­ge­re ma il pesce si alla­ma con dif­fi­col­tà (e mol­to in super­fi­cie). Per con­tro se vedia­mo toc­che serie ed il pesce però si alla­ma pro­fon­do signi­fi­ca che il ter­mi­na­le è trop­po lun­go. A secon­da del­la cor­ren­te il ter­mi­na­le può anda­re dai 50 cm fino ai 150 cm. Solo in casi par­ti­co­la­ri si uti­liz­za­no ter­mi­na­li di lun­ghez­za supe­rio­re. Va poi con­si­de­ra­to che a livel­lo del fon­do la cor­ren­te è sem­pre mino­re rispet­to a quel­la super­fi­cia­le (par­lia­mo chia­ra­men­te di fon­da­li alme­no di media pro­fon­di­tà) quin­di non fac­cia­mo­ci ingan­na­re trop­po dal­l’oc­chio poi­ché potrem­mo soprav­va­lu­ta­re il flus­so rea­le: è più indi­ca­ti­vo il peso neces­sa­rio per sta­re fer­mi con il fee­der sul fon­da­le. Ma anche in que­sto caso dipen­de dal tipo di approc­cio con­si­de­ra­to che uti­liz­zan­do la pan­cia (meto­do bow) il peso neces­sa­rio per star fer­mi è sen­si­bil­men­te mino­re rispet­to alla len­za “diret­ta”. Ave­re a dispo­si­zio­ne vari ter­mi­na­li di diver­sa lun­ghez­za (es. 50, 75, 100, 125 e 150 cm) con­sen­te di indi­vi­dua­re abba­stan­za facil­men­te la misu­ra più adatta.

La lunghezza del terminale in acqua turbolenta

Quel­la del­l’ac­qua tur­bo­len­ta la con­si­de­ro una situa­zio­ne limi­te poi­ché non c’è modo di intui­re cosa acca­da alla pastu­ra che fuo­rie­sce dal pastu­ra­to­re e fran­ca­men­te il fee­der andreb­be pra­ti­ca­to o in acqua fer­ma o in cor­ren­te ma non in pre­sen­za di un moto tur­bo­len­to mol­to pro­nun­cia­to. Tal­vol­ta pescan­do in mare può capi­ta­re però di tro­va­re con­di­zio­ni par­ti­co­la­ri spe­cie se c’è risac­ca e sul fon­do vi sono cor­ren­ti varia­bi­li che por­ta­no ver­so e lon­ta­no da riva for­man­do appun­to tur­bo­len­ze impor­tan­ti. Una situa­zio­ne che si gesti­sce mol­to meglio pescan­do a bolo­gne­se ma che per dove­re di cro­na­ca va qui alme­no men­zio­na­ta. Se l’ap­proc­cio è a fee­der la mon­ta­tu­ra miglio­re rima­ne a mio avvi­so l’e­li­cot­te­ro (heli­cop­ter rig) nel­la sua ver­sio­ne clas­si­ca e dota­ta di anti­tan­gle tipo slee­ve (a mani­cot­to). Nel­la tur­bo­len­za si pesca con ter­mi­na­li dal dia­me­tro gene­ro­so e piut­to­sto cor­ti il che ridu­ce sen­si­bil­men­te la for­ma­zio­ne di gar­bu­gli. In ogni caso il pastu­ra­to­re è di tipo block-end, sia che si usi­no i bigat­ti­ni che il clas­si­co sfa­ri­na­to, e di peso suf­fi­cien­te a rima­ne­re sta­bi­li sul fon­do. In gene­re si par­te con un ter­mi­na­le da 50 cm del­lo 0.21–0.22 ed un inne­sco volu­mi­no­so (pel­let da 8–11 mm  o bigat­ti­ni a ciuf­fo) e poi si valu­ta a secon­da del­la rispo­sta se allun­ga­re o meno. Si trat­ta di una pesca pre­va­len­te­men­te orien­ta­ta a sara­ghi e gros­se occhia­te quin­di non con­vie­ne anda­re trop­po per il sot­ti­le sia per le con­di­zio­ni ambien­ta­li che per la tipo­lo­gia di pesce.

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